Inaugurazione dell'atelier di Dimitri Milesi

Inaugurazione dell'atelier di Dimitri Milesi

L’artista Dimitri Milesi apre al pubblico il suo atelier, sito in Telgate, un grande spazio di incontro e apprendimento, dove poter ammirare le sue opere, scoprendone la poetica, il pensiero artistico e le fasi di elaborazione creativa che conducono all’opera d’arte finita.

In questo spazio luminoso coincidono fra loro diversi ambienti funzionali: quello dedicato all’esposizione delle opere d’arte, quello atto allo studio e alla ricerca, e quello del processo artistico vero e proprio. Uno spazio che moltiplica la sua forza, diventando al contempo tre spazi, a cui si aggiunge lo spazio relazionale. L’atelier non è soltanto un luogo architettonico, polivalente, ma anche un luogo umano, un luogo di confronto e dialogo, costituito dall’artista e dalle persone che lo abitano e lo ospitano.

Entrando nell’atelier, si coglie immediatamente l’importanza che il colore acquisisce nell’arte di Dimitri Milesi. È un colore acceso, emotivo, intenso, introspettivo, che pone con forza l’accento sulla varietà delle opere presenti e su uno stile che ingloba in sé differenti correnti artistiche.

Se il pavimento dell’atelier spicca per il colore blu della resina, sulle pareti si possono osservare opere pittoriche di dimensioni differenti, disposte su bianche mensole, che creano un interessante puzzle visivo, su cui continua a scorrere l’occhio del visitatore, curioso e sedotto dai vivaci colori e dalle particolari forme.

L’artista bergamasco sperimenta diverse tecniche artistiche, spaziando dall’acrilico su tela, alla creta, al legno, al carboncino, ai materiali di riuso, creando lavori che danno rilievo a un’arte che non racconta come è la realtà, ma come viene pensata dalla mente dell’artista, che ne setaccia dettagli e informazioni che a suo parere destano più attenzione.

Le sue opere si caratterizzano da quello che l’artista chiama stile definito e uno indefinito in quanto ora posseggono linee di contorno nere ed esatte, che ne fissano i profili, ora sulle tele le forme si disfano, si sfaldano, perdendo i loro limiti, mutando in macchie imprecise e meno delineate. Ecco così visibili i due stili, che vengono impiegati da Dimitri Milesi per creare composizioni audaci e originali, che guardano tanto all’Espressionismo per il suo gusto forte, sprezzante ed intimo, quanto alla Pop Art per la scelta dei colori e dei soggetti.

L’opera “Le amiche” riproduce il quadro del pittore Gustav Klimt della Secessione di Vienna andato distrutto nel 1945, ma il soggetto viene reinterpreto, filtrato dallo spirito introspettivo dell’artista che preferisce evidenziare l’importanza della linea, dei contorni che rifiniscono i corpi delle due donne e delle strane presenze dello sfondo. È un elogio alla donna e al tema dell’eros con un gusto più naïf e infantile, che consente di far emergere l’idea del soggetto piuttosto di voler rappresentare fedelmente l’opera così come essa è.

In “Guerra tra bande” del 2020 si può vedere come il volto monocromatico dell’ex primo ministro inglese abbia subito una trasformazione grafica, figlia dell’arte provocatoria di Banksy, che ne accentua i caratteri, stereotipandolo inevitabilmente. Winston Churchill indossa il suo abituale vestiario, compito e ben inamidato, ma la sua capigliatura è aggressiva e paradossale. Una cresta verde, rasata, brillante, compare vittoriosa sulla sua testa, palese simbolo di un’epoca punk ormai in declino, ma che con non curanza e disinvoltura esige la sua presenza qui ed ora.

A rimarcare l’interesse che Dimitri Milesi nutre per l’arte Underground e la Pop Art, ecco l’installazione “Legame” del 2014, dove si possono osservare degli aghi da maglia giganti, divisi in gruppi di tre, che creano delle strutture tridimensionali, leggere e vuote, su cui si snoda un lungo filo di 30 metri di colore verde. Questa installazione, che denota chiare analogie con l’arte di Claes Oldenburg e Coosje van Bruggen, celebra la passione per il filato e il lavoro manuale, che qui viene ingigantito e trasformato in uno spazio in cui poter entrare, muoversi con precauzione e, con un mal celato tocco di ironia, giocare. In questo lavoro immersivo e concreto si sente la volontà da parte dell’artista di realizzare un’arte che possa aiutare a tracciare elementi d’insieme, a definire nuovi spazi e tessere inediti legami tra le persone e i luoghi.

Nelle quattro sculture dal titolo “Totem” inizia a trapelare un nuovo modus operandi da parte di Dimitri Milesi, che si avvicina a un mondo tribale arcaico e primitivo. Colori sgargianti e primari ornano queste sculture di legno con un’armonia di forme stilizzate e chiare incisioni, veicolando l’espressione artistica a un significato estatico-sciamanico. L’artista attribuisce a semplici oggetti, che vengono manipolati dal suo estro, un’altra accezione più alta e superiore, divengono tangibili connessioni magico-rituali con le energie spirituali che abitano il mondo e ogni essere umano. Questa accezione immateriale e meditativa si riscontra nelle sue opere nella ricorrente presenza della figura circolare. Una figura che racchiude, delinea, abbraccia, accoglie e definisce. È simbolo per eccellenza dello spirito, della forza che anima ogni essere vivente.

Nell’opera “Graffiti” del 2019 possiamo notare come lo stile primitivo cominci a prendere il suo naturale sopravvento. Su uno sfondo azzurro si stagliano piccoli segni neri di derivazione dell’arte rupestre, che iniziano a prendere vita e si tramutano in immagini di un nuovo linguaggio, creato dall’artista per poter comunicare liberamente con tutti. Un linguaggio universale e infantile che attinge all’arte di Paul Klee, ma che esige una sua codifica segnica, una libera interpretazione, un’accorta ricerca comunicativa.

Questo interesse per i segni e in particolare per ciò che compone il linguaggio si può osservare nella serie di ideogrammi realizzati nel 2011 “Cuore”, “Uomo”, “Respiro”, “Idea”, “Hobby”, “Volontà”, “Speranza” e “Tempo”, in cui si sofferma sulla attività meditativa che comporta scrivere questi ideogrammi con il colore nero. Proprio questo voler dare importanza alla capacità di comunicare e alla scrittura intesa come insieme di segni, emerge in “Graffiti contemporanei” e in “Piede d’oca” dove, abbandonata la figura realistica, si inventa un simbolo, che, entrato a far parte di questa nuova semantica, assume un significato autentico, pieno e autorevole, da reiterare all’infinito sulla tela. Un simbolo con cui poter creare un luogo di incontro e di espressione.

Tutti questi temi cari all’artista sfociano nell’opera “Eclisse” del 2020, in cui si osserva come il colore sia delicatamente steso sulla tela, le forme sono definite, ma richiedono un’analisi ravvicinata. Pesci, cerchi, bocche aperte, denti bianchi, urli strazianti e volti sfocati si scoprono piano piano, obbligando il fruitore a interrogarsi su queste forme e sul motivo di queste urla. Ancora una volta si lascia chi osserva, libero di interpretare, di cercare il significato, non dimenticando che l’artista quando lavora parte da impressioni filosofiche-letterarie, ma trova anche forza generativa dal sé, dal suo vissuto.

L’arte di Dimitri Milesi scaturisce dall’esperienza con i sensi, dalla percezione sensoriale che si instaura con il mondo. Di certo i sensi che più si impiegano sono la vista che è il senso dominante e il tatto che permette una conoscenza più vicina e lenta.

Il semplice osservare una foglia che cade, che si muove in mille capriole nel vento e poi sul cemento è un attimo fondamentale dal quale può scaturire l’idea che farà nascere un’opera. A questa sincera attenzione per la sensorialità si intreccia il quotidiano, la vita di tutti i giorni che va vissuta e garbatamente analizzata. Ogni gesto nasconde così memoria e spontanea creatività, che vengono sollecitate da un’innata curiosità e una propensione a conoscere tutto ciò che ancora si ignora.

Dimitri Milesi è un’artista complesso che necessita di essere osservato e ascoltato con molta cura. Riesce con disinvolta mano a evidenziare il momento vissuto, l’emozione che ne scaturisce, spaziando nell’impiego di diverse tecniche artistiche, e a creare uno stile ben ancorato al suo mondo interiore e alle forze spirituali che in esso si trovano, ricercando, anche tra colori brillanti e forme significanti, un nuovo linguaggio che sappia davvero creare legami.

Chiara Medolago -

Storica e critica d'arte

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